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giovedì 21 gennaio 2016

Concetto d'ignoranza da un punto di vista filosofico

Vi propongo alcune riflessioni su Avidya (ignoranza) come causa della sofferenza umana, tema centrale degli Yoga Sutra di Patanjali.
Avidya è l'ignoranza implica un continuo processo di auto-inganno sui princìpi di realtà dei fenomeni: il non rendersi conto che la cupidigia e l'odio, gli altri due veleni, sono fonte di dolore comporta l'accettazione dell'inganno come "normalità".
Avidya possiamo intenderla come risultato dell'accumulo delle nostre azioni inconsce, i giudizi e le azioni che abbiamo prodotto meccanicamente per anni che viene chiamiamo Samskara. Le abitudini si stratificano ricoprendo la mente di Avidya, come stendessero
una patina sulla chiarezza della coscienza.
Ci sono due livelli di percezione uno nel nostro profondo libero da Avidya l'altro superficiale invece oscurato da Avidya.




Avidya ha la caratteristica di rimanere nascosta, più facili da individuare sono le sue ramificazioni:
ASMITA: è ciò che chiamiamo "io" Io devo fare meglio degli altri, Io ho ragione
RAGA: continua richiesta di qualcosa, non ne abbiamo mai abbastanza, attaccamento
DVESA: opposto di Raga esprime avversione, rifiuto di espienze o situazioni che in passato hanno provocato dolore
ABHINVESA: la paura, di giudizio, invecchiare,
Le quattro ramificazioni di AVIDIA velano la nostra percezione provocano insoddisfazione.
Ci rendiamo conto di AVIDYA attraverso la sua assenza quando proviamo un senso di pace e serenità
allora percepiamo l'oggetto in modo corretto; non c'è tensione ne conflitto ne agitazione
In relazione a questo tema Patanjali si esprime così:
II.3  Gli ostacoli sono: le interpretazioni errate, la confusione dei valori, l'attaccamento eccessivo, l'avversione irragionevole e l'insicurezza.
II.4  Le interpretazioni errate sono la fonte di tutti gli altri ostacoli. Questi non compaiono necessariamente tutti insieme e il loro impatto è variabile. A volte sono oscuri e appena visibili. Altre volte sono evidenti e dominanti.
II.5 Le interpretazioni errate inducono a errori nella comprensione del carattere , dell'origine e degli effetti degli oggetti percepiti
Una corretta percezione porta ad una azione corretta.
Ciò che in un dato momento appare di grande aiuto , si trasforma in seguito in un problema. Pensiamo alla gioventù alla bellezza legate alla impermanenza.
Avidya è l'ignoranza implica un continuo processo di auto-inganno sui princìpi di realtà dei fenomeni: il non rendersi
conto che la cupidigia e l'odio, gli altri due veleni, sono fonte di dolore comporta l'accettazione dell'inganno come "normalità".

domenica 27 febbraio 2011

Il buddhismo nella vita

Quale significato intendiamo dare a "trasformare la materia"...
Può significare tutto e niente.
Ovvio che tutto si trasforma... trasformiamo l'aria che respiriamo,
il cibo che mangiamo, anche le piante che crescono dalla terra sono
una trasformazione, eccetera eccetera.
Il buddismo non c'entra molto con queste cose, spesso viene tirato
in ballo da questa strana fanta-new-age che circola molto in rete...
Il buddismo, vale sempre la pena ricordarlo, è
"semplicemente" (ma proprio semplice non è) una
disciplina che si occupa di farci soffrire
il meno possibile in questa precaria e impermanente
condizione umana. Tale "cessazione della sofferenza"
(o forse dovremmo chiamarla più modestamente
"riduzione della sofferenza") dipende non da ciò che
crediamo, o abbiamo, o facciamo, ma dall'atteggiamento
(chiamiamolo così per ora) della nostra mente.
La materia continui pure a trasformarsi,
non è quella la cosa che più ci preme.