mercoledì 9 gennaio 2013

La mia nuova vita da "Yogino"


Alla veneranda età di 29 anni non pensavo di ritrovarmi qui nello scrivere un “trattato” sulle similarità tra la disciplina Yogica e l’alimentazione prevalentemente crudista. Affermo ciò in quanto se dovessi solo pensare a circa 3 anni fa non avrei nemmeno immaginato di essere così positivamente coinvolto in questi ambiti così facili da essere criticati all’occhio del “popolo” ma così affascinanti per me. La mia vita si può definire come un “uragano” di eventi. Molti positivi, molti interpretabili ed altri non proprio felici. Ma come menzionato prima siamo qui, in questa vita, per perseguire sotto la guida di un Karma, delle esperienze che costruiranno la nostra “forma mentis”. E proprio di questo vorrei parlare, ossia di come è possibile oggi con un grado di consapevolezza maggiore cambiare credenze ed evolversi possibilmente verso una vita o uno stile di vita più consapevole. Ultimamente sento sempre di più la frase “siamo quello che mangiamo” ed onestamente mi permetto di dare assolutamente ragione visto che l’ho “provato sulla mia pelle”. Il modo in cui mangiamo, la quantità che assumiamo, la frequenza con cui ci sforziamo di mangiare contribuisce al nostro stato di salute generale oltre che al nostro rapporto con gli altri. Nelle mie ricerche non cerco assolutamente un “elisir di lunga vita”, bensì una vita per vivere in maniera dignitosa questa vita nel rispetto del nostro “compagno corpo” e verso gli altri. Esiste una regola, che citerò successivamente nella trattazione che afferma V=F-O dove V: Vitalità , F=Forza , O= Ostruzione Non voglio fare il matematico, ma tengo solo a precisare come questa banale formula da un punto di vista biologico abbia un fondamento inequivocabile (un pò come la Legge di Ohm per gli ingegneri). Difatti, senza un corpo perfettamente (parola ideale) pulito o libero da eventuali intossicazioni ed inquinamenti è difficile che ci sia la giusta connessione con la mente che porta in questo dualismo alla ricerca della spiritualità e del divino. La tesi vuole trattare in maniera inscindibile come sia necessario fare attività fisica, ancora meglio un’attività che stimola in maniera sana tutti gli apparati e sistemi interni (tra i quali quello endocrino) ed un’alimentazione precisa per l’individuo o quantomeno adatta alla vera natura dell’uomo. Pensate stia facendo il “venditore” o il “saputello”? Lo pensavo anche io quando, anni or sono, si voleva proporre la stessa idea nei miei confronti. Praticare Yoga? Mah, è un pò da femmine. E’ troppo lento. Non sviluppa un bel nulla. E poi io amo l’azione, agire, stare “sul pezzo”. Mangiare vegetariano? Possibile che il solo “verde” può nutrirti? E se diventi come le modelle? Anoressico? E poi le proteine? Dove sono? Meditare? No, non ce la faccio. Mi addormento. Sono troppo preso dalle mie “cose”. Poi mi distraggo facilmente. Digiunare? No, ma stiamo scherzando? Io che sono nato nel “primo mondo” dovrei essere onorato a mangiarmi ovunque mi trovo un bel panino con la mortadella o una fettona di panettone. Sono tutti degli estremisti queste persone! E’ proprio vero come si può cambiare modo di vedere le cose solo sbagliando! Da anni ho praticato atletica leggera, arti marziali e poi palestra. Mi è sempre piaciuta l’attività fisica e forse era anche una via per “sfogare” l’aggressività. Anche la postura (e non ben trascurabili problemi di salute) demarcano questa cosa. Volevo la prestazione al massimo, ero portato a “gonfiare il muscolo” per mostrarlo al pubblico e mi allenato intensamente dai 3 ai 5 giorni alla settimana. Ero un cultore delle diete IPER-proteiche a basso valore di carboidrati, inserendo (vuoi anche per discendenza meridionale) frutta e verdura (in quantità accettabile). Ero sempre in viaggio per affari, quindi qualche volta mi capitava di dover mangiare di fretta e per non perdere Kg di massa muscolare ricorrevo spesso ad integratori commerciali. L’attività fisica non mi lasciava pace, era oramai un intenso stress; un richiamo quasi all’attenti, a non mollare ad essere duro. Viaggiavo da New York a Saigon, non escludendo che non era un viaggio di piacere ma una vera e propria arte di comunicare concetti tecnici a persone di altri paesi in una lingua franca come l’inglese. Lo stress mi ha portato, alla fine a problemi seri come “prolasso rettale” e “bruxismo” oltre che un calo estremo di vitalità. Pensavo fosse solo il fuso orario, invece era proprio il modo in cui vivevo. E’ divertente come l’uomo moderno si curi a seguito di malattie, andando a sopprimere questo sintomo importante e non “scovando” la causa di tutto ciò . Di Yoga non se ne parlava. Si, avevo avuto un approccio interessante con la filosofia Buddhista e con il Tai Chi, ma mai di Yoga. Tutto successe nel Marzo del 2008, quando mi trovai nel Karnataka (regione a Sud dell’India con capitale Bangalore). Incontrai per lavoro una persona a cui oggi devo tutto a quella “spintarella di consapevolezza” che mi ha permesso d’immergermi nell’”acqua della vita”. Si chiamava Arjun ed era un uomo sui 35 anni il quale non era laureato ma si trovava nel mondo delle telecomunicazioni quasi per caso. Viveva lontano dalla famiglia (che si trovava a Calcutta) e viveva in una camera da 25mq (non sto scherzando) con un altro ragazzo, Saurabh. Viveva di Chapati, Daal sia a colazione, pranzo e cena. Qualche volta riusciva anche a trovare una sigaretta da fumare. Insomma, potrebbe essere come i nostri amati parenti del dopoguerra. Ma è diverso. Lui aveva quello che noi non riusciamo a volte a tirare fuori: la coscienza di percepire la vita. Dopotutto che cos’è la vita? Mah. E allora se la tua risposta è “mah”, vivila giocosamente senza porti troppi limiti o, ancora peggio, troppo attaccamento! Non pensare a domani, non “rimuginare” il passato ma come disse Arjun “now is forever”. Così insieme, nel fine settimana, mi portò a Mysore dove conobbi “Art of Living” e la disciplina Yoga. Rimasi esterrefatto al punto di quasi non credere a tutto quello che mi dicevano. Sembravano troppo astratte le loro parole. Ma alla fine pensai: perchè devo sempre giudicare come fa la massa? Perchè non lasciare che il mio spirito possa svegliarsi ed entrare in contatto con questa energia collettiva? Così decisi di fermarmi 2 settimane e di approfondire la pratica Yoga composta principalmente da Otto Stadi (o Anga). Dato che in pochi giorni ero “ferrato” nelle Asanas principali, mi fu detto di concentrarmi sul controllo del respiro e concentrazione perchè non lo ero affatto. Io? Dopo anni d’insegnamento nelle telecomunicazioni mi viene detto che ho questi difetti? Eh sì avevano ragione. Pian piano acquisii piccoli frammenti di conoscenza dello Yoga e di ritorno verso Bangalore per Milano, l’addio con Arjun fu contornato da qualche lacrimuccia. Ma ancora il viaggio era lungo. Cominciai a leggere di Van Lysebeth e di Baba Ramdev e quindi scoprii meglio la pratica delle Asanas e del Pranayama. Pensavo di sapere tutto ed invece era solo la base che mi potrebbe portare al traguardo della coscienza cosmica e della consapevolezza. Così decisi, dopo pratiche individuali, di approcciarmi allo Yoga in maniera “prepotente”. Avevo delle risorse finanziarie così decisi di partecipare ad un corso “Insegnanti Yoga Intensivo di I livello” presso “Associazione Samadhi” a Firenze, gestita da Jacopo Ceccarelli. E da qui è solo storia. Mi si è aperto un mondo relativo alle Asanas, alle pratiche di Respirazione ma non ultimo di Meditazione. Questo è faticoso, ma lo sto portando avanti ancora oggi con entusiasmo e devo ammettere con qualche rinuncia. Ma il tutto è stato ben “farcito” con un grado di consapevolezza maggiore sull’alimentazione, approfondendo gli studi con Marco Martorana (il quale ha anche seguito un corso intensivo insegnanti Yoga con me) e i libri di Arnold Ehret e di Fruttalia. Seguendo i loro consigli e praticando in maniera costante ma evitando di sforzare la mia mente (ossia di non usare la parola DEVO, bensì voglio perchè posso), ho cominciato prima a praticare l’Asthanga Vinyasa Yoga (importante evidenziare il fatto che sia un Vinyasa, ossia una successione di movimenti che creano energia, perchè per Asthanga Yoga s’intende il più antico insegnamento basato su ben otto stadi, ossia su Angha, che vanno al di fuori di una singola pratica Asana mista a Pranayama. Utile per un approccio più fisico allo Yoga, ma impossibile a mio parere da mantenere come unica via per raggiungere un certo grado di consapevolezza mentale. Quindi a seguito di una pratica costante ed abbastanza duratura (un anno e mezzo) decisi di seguire profondamente gli insegnamenti del Tantra Yoga Ananda Marga proposti dal “mio maestro” Jacopo Ceccarelli di cui non posso che rispettare il suo modo di aver approfondito pratiche così delicate, rimanendo anche per un periodo sull’Himalaya diventando monaco Yoga Tantra. Ogni volta che praticavo gli “stadi più bassi” (Yama, Niyama) diventavo sempre più lucido e consapevole. Quando praticavo gli “stadi intermedi” (Asanas e Pranayama) il mio fisico diventava sempre più flessibile e “caldo”, pronto per le intense giornate lavorative ed extra. Quando “ho cominciato a praticare stadi più elevati, di livello mentale (per ora Pratiyahara)” il mio stato di coscienza è stato risvegliato ed ho incominciato a vedere cose che prima non riuscivo a percepire. Tutto questo doveva essere seguito da una disciplina alimentare che prima non notavo, ma che ora immagino sia del tutto fondamentale. Il mio scopo sara quindi molto chiaro. Proporvi una visione semplice e meditativa sul nostro “carburante” più importante, ossia l’alimentazione. Questo con l’intento di sfatare certi miti e distogliere la mente (e quindi non il fisico) dall’attaccamento verso il cibo vivendo l’approccio con quest’ultimo il più naturale e semplice possibile. Una volta acquisiti i concetti più importanti sull’alimentazione, guidarvi alla pratica di diverse ma principali tipologie di Yoga che serviranno a far crescere sia il corpo che la coscienza. Concludo lasciandovi con una frase: mens sana in corpore sano.

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